Braschi in Jazz
Roma, Palazzo Braschi, Domenica 12 maggio
ore 18
Claudio Filippini Trio
Claudio Filippini, pianoforte
Luca Bulgarelli, contrabbasso
Marcello Di Leonardo, batteria
Articolo di Daniela Floris, foto di repertorio di Daniela CrevenaFoto del concerto scattata con Iphone, NON Crevena
Claudio Filippini suona
benissimo il pianoforte. Ogni volta che sono andata ad ascoltarlo ho pensato
semplicemente questo, e fino ad oggi è andata sempre così. Cosa rende così intenso e piacevole il suo
modo di suonare? Prima di tutto Claudio Filippini è un interprete, oltre che
uno strumentista, e la differenza tra un bravissimo strumentista e un musicista
è l’ espressività. Quando suona, Filippini parla, racconta. Ogni pianista che
sia interprete ha un suo modo di essere espressivo: Filippini lo è essenzialmente
amando esporre i temi in maniera lirica,
evidenziandoli bene dalla parte armonica. Ha un racconto, uno stato d’ animo o
un viaggio da descrivere: le parole le esprime con la sua mano destra, la
colonna sonora è l’ armonizzazione della mano sinistra. Distinguibili, in maniera cristallina, ma mai
slegate, piuttosto necessarie l’una all’ altra: così come in un quadro vi sono i tratti, e vi sono i colori.
E’ sempre poetico nel
concludere i fraseggi, senza scatti, morbidamente, espandendo riccioli di note,
senza però essere mai lezioso. Le sue intro sono sempre curate, hanno sempre
una funzione di prologo e disegnano l’atmosfera del pezzo. Ogni brano ha un suo
sviluppo armonico elegante eppure emotivamente intenso. In ogni composizione o
rivisitazione di brani famosi trapela un retroterra che è fatto di ascolti che
non può non aver amato: è il Jazz, è il Blues, il rock, ma è anche la musica classica, tutta,
anche quella dei primi del novecento o della fine dell’ottocento. Le citazioni sono incastonate ad arte in arrangiamenti inusuali, non sono mai sterili riproduzioni, bensì qualcosa di emotivamente vivido, suonato in maniera quasi affettuosa e sempre intensa. E tutto questo non è esibito ma istintivamente mostrato, ed è
qualcosa di intimamente assimilato e reso nuovo, che diventa linguaggio oramai
personalissimo e dunque originale.
Si ascoltano brani energici e inusuali per arrangiamento o timing, o pezzi
introspettivi e dolci, o contagiosi ritmi latin. Filippini improvvisa avendo
sempre una tensione verso un fraseggio compiuto.
Abbiamo ascoltato
Filippini, in trio, alla rassegna Braschi in Jazz, in uno dei palazzi storici più
belli di Roma, appunto Palazzo Braschi: occasione unica per ascoltare musica
attraversando sale incredibili, in pomeriggi domenicali spesso inutilmente
pigri e indolenti. Era un’occasione da non farsi sfuggire. Cosa altro
aggiungere a ciò che ho appena detto? Che si è ascoltato un Jazz bellissimo.
Con Filippini due
musicisti che da ben dieci anni condividono con lui la musica : e questo legame
si svela da subito, perché Luca Bulgarelli al contrabbasso e Marcello di
Leonardo alla batteria sono protagonisti e non certo gregari o
“accompagnatori”. L’uno con un suono pieno e necessario al trio, così come sono
necessari i suoi disegni armonico melodici, anche nei soli, che sono vere e
proprie nuove “canzoni”, esposte con musicalità appassionata. L’altro che sa
bene come scegliere tra i suoni gravi e il tintinnare dei ride, in pezzi così
raffinati e cangianti. Dà una sua impronta personalissima, sa decidere il
groove giusto, spesso decisivo di alcuni brani originali molto connotati, quali
ad esempio “Flyng Horses”: l’ esplosione contagiosa dei suoi tamburi e la
tensione secca sul rullante, dopo l’ intermezzo lirico del pianoforte, decidono
il sapore del pezzo.
Cito un brano per tutti, proprio in virtù del fatto che è un
brano noto in tutto il globo terracqueo e cioè “What a Wonderful World”:
Filppini, Bulgarelli e Di Leonardo riescono a sfrondarne la potenziale
melensaggine e a salvarne la tenerezza e quello stupore quasi infantile: una
perla in un mare di interpretazioni stucchevoli e che hai perdonato solamente a Louis
Armstrong. Il tema emerge dolce e accennato. E allora dici a te stessa, ma
perché io che amo il jazz dovrei chiedere meno di questo? Ma anche, cosa dovrei
chiedere di più?
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