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martedì 15 novembre 2011

Concerti dal vivo: Ron Carter Golden Striker Trio ad Alba Jazz Winter 2011



Alba, Teatro Sociale, ore 21

RON CARTER GOLDEN STRIKER TRIO

Ron Carter: contrabbasso
Mulgrew Miller: pianoforte
Kevin Eubanks: chitarra elettrica

Ron Carter e il suo amore per il Jazz

Di Daniela Floris

Foto di Daniela Crevena



Quando scende dalla macchina davanti al Teatro Sociale Ron Carter tira dritto verso la sala dove sta per avvenire il sound Check.  E’ schivo, guarda dritto davanti a se e sale sul palco, determinato a provare.  Il suo abbigliamento informale equivale alla tenuta elegante “da palco” di molti jazzisti.  Sono decenni che suona instancabile, questo del Teatro Sociale di Alba sarà il milionesimo palco, dopo aver preso il milionesimo aereo, ed essere stato accolto da fan emozionati per la milionesima volta… eppure quando guarda la platea, e le balconate accenna un sorriso.  E’ bello il Teatro Sociale si Alba, e’ un piccolo gioiello architettonico, e lui lo nota.  










Bando agli indugi, afferra il suo contrabbasso: l’ha richiesto senza pretendere orpelli, solo il minimo, per un Jazzista del suo calibro… che sia di liuteria.  Si lascia il berretto e comincia a testare il suono con i tecnici.  Non appena le corde vibrano, lancia un’occhiata a Mulgrew Miller, il suo pianista, il suo amico di anni, e lo sguardo – che pur schivo era mite e bendisposto – si accende, e (siamo solo al sound check!) si lascia andare.  Lancia occhiate compiaciute anche a Kevin Eubanks, che ricama sulla sua chitarra, informale sì, ma serio.  E’ un sound check serio, si sorride, ma non vola una mosca, poche parole e i musicisti… suonano.  






Dopo un’oretta gli artisti tornano in albergo, non vogliono cenare, solo rilassarsi.  Anche a Umbria Jazz 2010 Ron Carter aveva atteso l’ora del concerto nel suo camerino leggendo un libro.  Niente capricci da star, niente di tutto questo.
E’ stato già emozionante il sound check, chissà il concerto!
Alle 21 il teatro è pieno.  Dopo poco si apre il sipario e Ron Carter, Mulgrew Miller, Kevin Eubanks appaiono sul palco.  Impeccabili, elegantissimi, certamente abituati alla routine degli applausi, dell’inchino, del pubblico quasi incredulo di avere davanti a se un mito del contrabbasso.  Lui  non si scompone, probabilmente non è emozionato. Ma…. Appena stacca il tempo e comincia a swingare chiude gli occhi e lì parte il Ron Carter del Jazz.  Ama il suo contrabbasso,  ama suonare, e da come suona si capisce che quella per lui non e’ la milionesima volta ma e’ suonare il Jazz, suonare, non importa quante altre volte sia accaduto.







Quando duetta con Miller lo guarda felice, o divertito, o compenetrato nell’ ascoltarne gli accordi.  Il blues in minore e’ pieno del suono inconfondibile del contrabbasso di Ron Carter, pieno, chiarissimo, ed e’ una meraviglia sentirlo duettare all’unisono con la chitarra perfetta di Eubanks.  E’ un unisono precisissimo eppure i due timbri contrastanti degli strumenti fanno apparire quel tema a due voci, e Carter riesce ad essere melodico e ritmico allo stesso tempo. 
Ron Carter e’ un leone del Jazz e ama il suo Jazz, che e’ il Jazz che ha fatto innamorare chi ama il Jazz.  Non ama sconvolgere il proprio stile, ma mai cita se stesso, e’ alla continua ricerca della tensione armonica, e la tensione positiva non si ottiene con complicati artifizi, si ottiene avendo swing.  Si ottiene perpetrando ostinati che sono espressivi come piccole canzoni (per la maestria nell’usare gli accenti), o procedendo con frasi melodiche ascendenti, o con walkin’ bass che sono la sintesi di ciò che vuol dire la “spinta in avanti” nel Jazz.  Il pianoforte di Miller lo asseconda ma  lo ispira anche, i due hanno un dialogo serrato, divertito intenso, si sorridono, annuiscono.  Quando il duetto e’ tra contrabbasso chitarra, quest’ultima e’ propulsiva e decodifica le digressioni del contrabbasso.  Ron Carter adora il ruolo ritmico ed armonico del contrabbasso, e quando non esegue un solo,  sottolinea, regola, decide l’ambito armonico, anche se fosse solamente quello di indicare la tonica dell’accordo. 







“Sono fortunato perche’ogni sera posso suonare con il mio musicista preferito, che e' anche un caro amico, e posso suonare il mio pezzo preferito”: e’ così che annuncia “My Funny Valentine”, guardando Mulgrew Miller.  Uno standard sentito da chi ama il Jazz milioni di volte, ma che importa? Non e’ mai lo stesso, e Miller accenna in piccoli frammenti  il celeberrimo tema principale al pianoforte, e poi via, s’improvvisa.  Elegante, ma non freddo, di buon gusto ma mai manieristico,  essenziale e non certo impoverito dagli anni: questo e’ Ron Carter che suona “My Funny Valentine”.  E lo stesso accade con “You’ re my Sunshine”.  Sono tanti gli standards notissimi che questo Trio suona stasera, ma nessuno accenna anche ad un minimo gigioneggiare.  Si swinga, si sorride ma c’e’ una passione ed una serietà di fondo che ti autorizzano, come spettatore esperto, a goderti quello swing in maniera gioiosa senza pensare neanche un attimo “ancora… ancora quel brano!”
O meglio: al termine del concerto ti viene da esclamare “Ancora quel brano!” Sperando in un secondo bis, che pero’ non ci sarà. 















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