Translate on your language!

lunedì 16 maggio 2011

La nuova Casa del Jazz: rutilanti novita’ e rassicuranti punti fermi

Sono stata alla Casa del Jazz dopo un bel po’ di tempo l’ altra sera, per ascoltare il concerto di Daniele Pozzovio in Trio (del quale ho dato conto in “A proposito di Jazz” Omaggio alla tradizione con il Trio di Daniele Pozzovio).  La gestione come sapete e’ cambiata da qualche mese e cosi’ sono arrivata curiosa di vedere quali fossero i cambiamenti in uno degli spazi dedicati al Jazz piu’ prestigiosi di Roma.  Entro, la serata e’ una di quelle tiepide  serate primaverili romane e sono rincuorata: i malinconici tavolini fuori, al buio, ci sono ancora!!!! Come prima.  Il grande giardino e’ sempre curato, il prato anche, senza alcuna illuminazione che sicuramente lo danneggerebbe, a che servirebbe una inutile scenografia, tanto ancora non e’ estate e la gente entra solo a vedere il concerto! Come prima.  Anche questo mi rincuora, cosi’ come mi rincuora il silenzio dello spazio ristorante, che non ho idea se sia aperto o meno.  Come prima.  Bene, vado a ritirare il mio accredito, nella saletta in cui si trovava il piccolo negozietto di libri e cd, e dove avevo fatto piu’ di un acquisto… ed ecco la prima novita’! Niente piu’ libri, niente piu’ cd, finalmente questo spazio e’ messo a nudo, completamente vuoto.  E’ bello averlo reso interamente fruibile, via i ridondanti scaffali, finalmente si nota il mosaico bianco e nero del pavimento. Bene, entriamo in sala: la sala e’ bella come sempre, comincia ad arrivare il pubblico, prendo posto, mi preparo con il mio tradizionale libricino per prendere appunti, buio in sala, entra il nuovo direttore artistico della Casa del Jazz, e lui stesso fa notare un’ altra miglioria, che io, distratta, non avevo notato: tolta la tenda – pannello alla destra del palco, ora si vede fuori e da fuori si vede il palco.   Ma la vera novita’ va in scena un attimo dopo, e la definirei lo “Scollamento emotivo tra artista e organizzatore”.  D’ altronde il nuovo patron e’ un vecchio leone del jazz a Roma ed e’ certamente coriaceo ed avvezzo ad ogni tipo di evento: quanti “Trio” avra’ introdotto prima di stasera?  Dunque la sua presentazione, giustamente, a dispetto di ogni inutile “sacralita’” dello spazio scenico di ellenica memoria, e’ romanescamente sbrigativa e disincantata.  Lo scollamento con lo stato emotivo del pianista e’ evidentissimo, poiche’ la Casa del Jazz e’ spazio importante a Roma, suonarvi in Trio e’ un evento di rilievo per qualsiasi artista, e infatti quest’ ultimo e’ molto emozionato e teso,  e per i primi due o tre brani suda sette camicie e sorride molto poco.  La sacralita’ dello spazio scenico e’ ristabilita.
E’ bello vedere che anche la musica puo’ essere fruita come un qualsiasi altro accadimento quotidiano, sfrondiamo da ogni inutile orpello: e’ un modo per far uscire il Jazz dallo status di musica di nicchia? Molto probabilmente si, l’ intento e’ da noi assolutamente auspicato, ora pero’ vogliamo anche il popcorn in vendita all’ entrata. 

Daniela Floris

Nessun commento:

Posta un commento