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lunedì 14 novembre 2011

Concerti dal vivo: Enrico Pieranunzi e Claudio Filippini a Musicus Concentus, Firenze


Musicus Concentus, Firenze, Sala Vanni, 4 novembre

“The piano hour series”

Enrico Pieranunzi piano solo
Claudio Filippini piano solo

DUE PIANISTI, IL JAZZ, LA MUSICA

Di Daniela Floris - Foto di Daniela Crevena



Un pianoforte Steinway & Sons.  Una sala affrescata rinascimentale all’interno del complesso monumentale della Basilica di Santa Maria del Carmine.  Due pianisti, jazzisti: Enrico Pieranunzi e Claudio Filippini.  L’ uno rappresenta il Jazz italiano da anni ed ha all’ attivo collaborazioni stellari con artisti di tutto il mondo (da Chet Baker a John Patitucci, tanto per abbracciare tutto l’ arco di tempo dai primi anni 80 ad oggi, ma nel mezzo ci sono decine di nomi pazzeschi); l’ altro e’ uno di quegli artisti giovanissimi (29 anni) che si usa definire come “emergenti”, e che abbiamo segnalato sul nostro blog più che come artista promettente come pianista e compositore di rilievo. 

L' approccio al pianoforte di Claudio Filippini

L' approccio al pianoforte di Enrico Pieranunzi


Fatta la distinzione tra diverse generazioni, non citerò più in quest’articolo il gap anagrafico che distanzia Pieranunzi e Filippini.  Troppo scontato e di facile effetto concentrarsi sulle differenze ipotetiche tra un artista affermato e con alle spalle enorme esperienza e uno agli inizi della carriera: alla sala Vanni, per merito dell’associazione fiorentina “Musicus Concentus” e della sua rassegna dedicata al piano solo, è stata semplicemente grande musica.   Le differenze tra uno e l’altro artista ci sono, eccome, com’è normale tra artisti soprattutto se in possesso di una spiccata personalità: ma sono artistiche, di linguaggio, e poco c’entra la differenza di età anagrafica e artistica.  Durante l’intervista simultanea che ha preceduto il concerto si è notata la “saggezza di Pieranunzi” ma anche la “saggezza di Filippini”, che trapelava dalla sua timidezza e dalla sua prudenza che gli impediva di rispondere in maniera impulsiva o spaccona.  E allo stesso tempo trapelava l’“energia creativa di Filippini” ma anche l’“energia creativa di Pieranunzi”, che forniva risposte tutt’altro che stalagmitiche e ferme, tipiche dell’artista oramai “arrivato” e “completo”, che oramai ha detto e suonato tutto ciò che c’era da suonare.  
Due artisti: ho ascoltato due artisti, e ho avuto una visione sincronica della musica che ho ascoltato, non certo in un’ottica di “passato” e “futuro”. 
 Ha cominciato Filippini con un concerto emozionante, un linguaggio inusuale ma già molto personale, e chi segue Claudio da un po’ sa di cosa sto parlando.


Intro liriche e curatissime, suggestive, bellissime, che costringono ad aspettare con crescente impazienza l’approssimarsi dell’esposizione vera e propria.  Una vena compositiva fresca, densa di spunti derivanti da tanta musica ascoltata ma anche da una fantasia notevolissima. Cito un brano per tutti, “Flying Horses”, contenuto nel nuovo album “The Enchanted Garden”: una progressione armonica ascendente che s’intensifica via via, piccoli stop time da tuffo al cuore, un arrangiamento che stupisce ascoltare in piano solo dal vivo, suggestivo tanto quanto quello nella versione in trio presente sul disco… dunque intenso di per se, e non solo per la presenza di basso e batteria.  Ma anche gli standards Filippini li interpreta in una maniera personalissima.  “Caravan” e’ un piccolo gioiello di rilettura armonica e ritmica, in cui frammenti melodici iniziali via via si ricompongono fino a ricostruire il tema principale: questo, una volta ricomposto definitivamente comincia a viaggiare dalla parte acuta a quella grave del pianoforte, variando ora non più dal punto di vista melodico o ritmico ma da quello puramente timbrico. Una meraviglia di positiva tensione sonora. 



Pieranunzi segue Filippini a ruota, presentando un repertorio classico (Handel, Bach, Scarlatti) che è quello contenuto nel suo nuovo lavoro, “1685.


Giganti della musica contrappuntistica riletti da un Jazzista, che ne estrapola tutta l’imprevedibilità legata all’aspetto improvvisativo (che era una realtà della musica del tempo), nonostante essa fosse anche scritta… e chi meglio di un Jazzista può cogliere l’impatto fremente e il dinamismo insito in alcune cellule melodiche, tramutandole in improvvisazioni jazzistiche trascinanti? Un viaggio nei secoli che rende fascinosamente attuale la musica colta e allo stesso irrimediabilmente (per fortuna) “universale” il linguaggio apparentemente solo “contemporaneo” del jazz.  E si ascolta per quarantacinque minuti quanto lirico possa essere Bach, quanto sanguigno possa essere Scarlatti, quanto blues possa nascere da un capriccio di Handel.  Il tutto arricchito con le garbate, preziose, e ormai per chi vi scrive irrinunciabili spiegazioni di Pieranunzi che apre la mente di chi ha la fortuna di assistere ad un suo concerto di piano solo.



Due artisti, due personalità diverse, due generazioni che dimostrano quanto la musica non tolleri mai di essere imprigionata in categorie troppo rigidamente definite.  L’energia, la fantasia, la musicalità, la sapienza interpretativa esistono a prescindere da generi e generazioni: gli artisti veri, quali Pieranunzi e Filippini, creano e si ascoltano anche molto reciprocamente. Grazie a Musiconcentus per aver offerto l’opportunità di ascoltare in contemporanea due Musicisti Contemporanei, perdonate il gioco di parole: la modernita’ si nutre del passato, del presente e del futuro, categorie che entrambi hanno mostrato di saper intrecciare a regola d’ arte.  





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