Musicus Concentus,
Firenze, Sala Vanni, 4 novembre
“The
piano hour series”
Enrico Pieranunzi piano solo
Claudio Filippini piano solo
Claudio Filippini piano solo
DUE PIANISTI, IL JAZZ, LA MUSICA
Di Daniela Floris - Foto di Daniela Crevena
Un
pianoforte Steinway & Sons. Una sala
affrescata rinascimentale all’interno
del complesso monumentale della Basilica di Santa Maria del Carmine. Due pianisti, jazzisti: Enrico Pieranunzi e
Claudio Filippini. L’ uno rappresenta il
Jazz italiano da anni ed ha all’ attivo collaborazioni stellari con artisti di
tutto il mondo (da Chet Baker a John Patitucci, tanto per abbracciare tutto l’
arco di tempo dai primi anni 80 ad oggi, ma nel mezzo ci sono decine di nomi
pazzeschi); l’ altro e’ uno di quegli artisti giovanissimi (29 anni) che si usa
definire come “emergenti”, e che abbiamo segnalato sul nostro blog più che come
artista promettente come pianista e compositore di rilievo.
L' approccio al pianoforte di Claudio Filippini |
L' approccio al pianoforte di Enrico Pieranunzi |
Fatta la distinzione tra diverse generazioni,
non citerò più in quest’articolo il gap anagrafico che distanzia Pieranunzi e
Filippini. Troppo scontato e di facile
effetto concentrarsi sulle differenze ipotetiche tra un artista affermato e con
alle spalle enorme esperienza e uno agli inizi della carriera: alla sala Vanni,
per merito dell’associazione fiorentina “Musicus Concentus” e della sua rassegna
dedicata al piano solo, è stata semplicemente grande musica. Le
differenze tra uno e l’altro artista ci sono, eccome, com’è normale tra artisti
soprattutto se in possesso di una spiccata personalità: ma sono artistiche, di
linguaggio, e poco c’entra la differenza di età anagrafica e artistica. Durante l’intervista simultanea che ha
preceduto il concerto si è notata la “saggezza di Pieranunzi” ma anche la
“saggezza di Filippini”, che trapelava dalla sua timidezza e dalla sua prudenza
che gli impediva di rispondere in maniera impulsiva o spaccona. E allo stesso tempo trapelava l’“energia
creativa di Filippini” ma anche l’“energia creativa di Pieranunzi”, che forniva
risposte tutt’altro che stalagmitiche e ferme, tipiche dell’artista oramai
“arrivato” e “completo”, che oramai ha detto e suonato tutto ciò che c’era da
suonare.
Due artisti: ho ascoltato due
artisti, e ho avuto una visione sincronica della musica che ho ascoltato, non
certo in un’ottica di “passato” e “futuro”.
Intro liriche e curatissime, suggestive, bellissime, che costringono ad
aspettare con crescente impazienza l’approssimarsi dell’esposizione vera e
propria. Una vena compositiva fresca, densa
di spunti derivanti da tanta musica ascoltata ma anche da una fantasia
notevolissima. Cito un brano per tutti, “Flying Horses”, contenuto nel nuovo
album “The Enchanted Garden”: una progressione armonica ascendente che s’intensifica
via via, piccoli stop time da tuffo al cuore, un arrangiamento che stupisce
ascoltare in piano solo dal vivo, suggestivo tanto quanto quello nella versione
in trio presente sul disco… dunque intenso di per se, e non solo per la
presenza di basso e batteria. Ma anche
gli standards Filippini li interpreta in una maniera personalissima. “Caravan” e’ un piccolo gioiello di rilettura
armonica e ritmica, in cui frammenti melodici iniziali via via si ricompongono
fino a ricostruire il tema principale: questo, una volta ricomposto
definitivamente comincia a viaggiare dalla parte acuta a quella grave del
pianoforte, variando ora non più dal punto di vista melodico o ritmico ma da
quello puramente timbrico. Una meraviglia di positiva tensione sonora.
Pieranunzi segue Filippini a ruota, presentando un repertorio classico (Handel,
Bach, Scarlatti) che è quello contenuto nel suo nuovo lavoro, “1685” .
Giganti della musica contrappuntistica riletti da un Jazzista, che ne
estrapola tutta l’imprevedibilità legata all’aspetto improvvisativo (che era
una realtà della musica del tempo), nonostante essa fosse anche scritta… e chi
meglio di un Jazzista può cogliere l’impatto fremente e il dinamismo insito in
alcune cellule melodiche, tramutandole in improvvisazioni jazzistiche
trascinanti? Un viaggio nei secoli che rende fascinosamente attuale la musica
colta e allo stesso irrimediabilmente (per fortuna) “universale” il linguaggio
apparentemente solo “contemporaneo” del jazz.
E si ascolta per quarantacinque minuti quanto lirico possa essere Bach,
quanto sanguigno possa essere Scarlatti, quanto blues possa nascere da un
capriccio di Handel. Il tutto arricchito
con le garbate, preziose, e ormai per chi vi scrive irrinunciabili spiegazioni
di Pieranunzi che apre la mente di chi ha la fortuna di assistere ad un suo
concerto di piano solo.
Due artisti, due personalità
diverse, due generazioni che dimostrano quanto la musica non tolleri mai di
essere imprigionata in categorie troppo rigidamente definite. L’energia, la fantasia, la musicalità, la
sapienza interpretativa esistono a prescindere da generi e generazioni: gli
artisti veri, quali Pieranunzi e Filippini, creano e si ascoltano anche molto
reciprocamente. Grazie a Musiconcentus per aver offerto l’opportunità di
ascoltare in contemporanea due Musicisti Contemporanei, perdonate il gioco di
parole: la modernita’ si nutre del passato, del presente e del futuro,
categorie che entrambi hanno mostrato di saper intrecciare a regola d’
arte.
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