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martedì 17 maggio 2011

Abbiamo ascoltato per voi: Luisiana LORUSSO UPWARDS


Luisiana Lorusso

UPWARDS

CiniK Records


Sveglia, organizzatori di festival jazz, sveglia sedicenti appassionati di buona musica, gestori di club prestigiosi ma anche di piccoli locali che non vedete l’ ora di accaparrarvi il grande nome per avere lustro e pubblico! Sentiamo sempre i soliti nomi in giro, molti bravissimi, certo, ma quasi sempre gli stessi.  Il perche’ e’ semplice: la logica e’ quella economico/affaristica.  Ma chi si occupa di musica dovrebbe avere anche un incondizionato amore per l’ arte.
Cosa deve fare una musicista come Luisiana Lorusso oltre a saper suonare magistralmente il violino, avere una musicalita’ pazzesca, una creativita’ istintiva, un notevole gusto estetico e una bella vena compositiva? E cosa bisogna fare per ascoltarla dal vivo e vedere il suo “Upwards” negli scaffali dei negozi in mezzo alle migliaia di cd non tutti di qualita’, ma ben promossi perche’ inseriti nel mercato?
“Upwards” e’ un cd importante, musicalmente.  Sottesa c’e’ una visione “sinestetica” dei colori e dei suoni, in cui il colore e’ fonte di emozioni per l’ artista e per i suoi compagni di viaggio, ma a sua volta tende a risvegliare in chi ascolta la propria personalissima “sinestesia”, intesa come accostamento di mondi percettivi diversi (in questo caso il colore che genera suoni – e i suoni che generano la percezione di  colore).  Se in alcuni brani la corrispondenza potrebbe apparire quasi evidente o “onomatopeica” (ci si passi l’ incongruenza), come in “Acid Color”, in altri quello che per la Lorusso era il punto di arrivo puo’ essere punto di partenza per chi quel brano sta ascoltando.  Musicalmente emerge tutta la dura, appassionata preparazione che occorre ad una violinista prima di poter diventare interprete.  C’e’ il gusto della sovrapposizione polifonica delle note (ascoltate “Lux”, arrangiato da Enrico Melozzi, con la sua iniziale costruzione vocale, in contrasto con l’ elettronica – ad opera di Claudio Filippini-  a cui poi si aggiunge il vibrafono, che ricamano un inusuale intreccio acustico e elettronico).   C’e’ anche un gusto estetico particolare, una ricerca del “bello armonico” al di la’ dei canoni classici, in ogni traccia di “Upwards”.  La stessa voce di Luisiana e’ lungi dall’ avere quel qualcosa di “perfettino” e pulito che accomuna di altre voci “esatte” che si sentono in giro: e’ swingante, aspra, espressiva ma anche dolce e sottile quando… quando sente di doverlo o volerlo essere (“Orange”). 
La Lorusso suona il violino dimostrando di averlo studiato a fondo per poi poterne estrapolare un suono assolutamente personale: fraseggi intensi, una innegabile sonorita’ mediterranea (l’ artista e’ pugliese),  connotazione alla quale ella  pero’ e’ ben lungi dal rimanere inchiodata, con le oramai trite “contaminazioni” (pensiamo alle onnipresenti pizzica e/o tarantella).  E’ piuttosto un’ indole appassionata, anche sanguigna in alcuni tratti (“Brown”), ma sempre elegante, che diventa stato d’animo piuttosto che “rappresentazione dell’ essere del sud” (della quale non se ne puo’ piu’, francamente). 
I brani sono tutti originali (a parte “Round midnight”, resa inusuale dai cambi continui di tonalita’ e dall’ arrangiamento voce – contrabbasso), alcuni di essi sono veramente notevoli (“Ballad of the Urgent love” di Balducci, ad esempio, associato al colore Rosso, e’ intenso e gode di un tema molto bello, molto jazzistico: e permette alla Lorusso di mostrare quanto naturalmente variegata sia la sua voce, e non certo “variegata a tavolino”).  La mini suite “Violet – Diverse tonalita’ di viola” (ancora di Melozzi), per sottolineare un altro suggestivo brano, procede , in uno svolgersi affascinante , da iniziali polifonie armoniche  di archi, al crescendo progressivo che risolve inaspettatamente su  basso pianoforte e batteria: salvo destrutturarsi un attimo dopo in cambi di tempo e tonalita’… tutta la suite e’ tenuta insieme dal sottofondo di archi: il viola, forse. Il valore aggiunto e’ questo: per chi vi scrive il sottofondo di archi potrebbe rappresentare il viola… comunque sia,  e’ arrivata a destinazione una vibrazione, da interpretare secondo il proprio vissuto e la propria indole.  Balducci, Partipilo, Signorile, Vendola e Bardaro sono assolutamente all’ altezza di questo ambizioso e riuscito progetto sonoro, poiche’ il fine – come dovrebbe sempre essere, specie nel jazz  (categoria quanto mai labile, naturalmente) – e’ quello espressivo. 
Sveglia dunque, sveglia: ascoltatelo, questo “Upwards”.  Ne vale davvero la pena. 

Daniela Floris

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