Claudio Filippini Trio
With Luca Bulgarelli & Marcello Di Leonardo
The Enchanted Garden
CamJazz CAMJ 7839-2
La copertina di “The Enchanted Garden” è di Andrea Boccalini.
La foto che ritrae Filippini e’ di Daniela Crevena
Per chi scrive di musica è giusto e doveroso motivare con
qualche spiegazione tecnica perche’ un cd piace o non piace. Dunque dopo aver ascoltato “The Enchanted
Garden” come prima cosa devo evadere questo mio fondamentale ruolo, per poi
parlare (con l’ udito ed il cuore) di un disco veramente notevole.
“The Enchanted Garden” e’ notevole perche’ è forte dello
swing e dei fraseggi di il Fiore purpureo, in cui è perfetto l’intreccio
del pianoforte di Filippini con la batteria di Di Leonardo, che ci fanno
ricordare cosa è il Jazz. Perche’ You must believe in spring , una delle
ballad melodicamente più belle e armonicamente
più difficili e affascinanti, parte inaspettatamente dallo sviluppo
improvvisativo e svela il tema solo alla fine, al contrario di quanto non avvenga
di solito. Perche’ Flying Horses, oltre che per i prodigi delle mani di Filippini sulla
tastiera è cosi’ intensamente connotato per l’apporto sempre più creativo e
fondamentale di Luca Bulgarelli, uno dei più solidi e completi contrabbassisti italiani , e non
certo soltanto per sapienza tecnica, ma perche’sensibile, recettivo e musicale
…. Ed è così fortemente coinvolgente per la batteria inarrestabile e
caleidoscopica di Di Leonardo, ricco di idee, rese con fantasia e soprattutto
buon gusto; oltre ad essere la prova che Filippini, per fortuna!, ha ascoltato
ed ascolta anche il rock. Così come Feuillet d’ Album op. 45 n’ 1 di Skrjabin
è la prova che lo stesso Filippini ama profondamente la musica colta, e si
sente che la ama perche’ la fa “suonare” con un tocco che è quello dell’
amoroso ma creativo rispetto. E ha
ascoltato ed ama anche la musica latinoamericana, non certo nel suo stereotipo
più sterile (13 Death March). E ancora, scrive bella musica, avendo una vena
compositiva fertilissima e di alto livello.
Claudio Filippini visto da Daniela Crevena |
Ascolto molta musica, in alcuni casi bella, in altri meno, a volte brutta. Ascolto molto jazz, sperimentale o denso di contaminazioni, o “mainstream” e così via. Ma ci sono casi in cui mi rendo conto che sto ascoltando Jazz…Jazz, punto e basta. E mi rendo conto che il Jazz è uno e uno soltanto, e non perche’ sia uniforme e scontatamente uguale a se stesso, ma proprio per il motivo contrario. Il Jazz quando è quello vero ha un guizzo di stupefacente novità, pulsa, non riproduce; nasce, non clona; dipinge, non fotocopia. E tutta la materia prima di cui il Jazz è fatto, e cioè swing, improvvisazione, linee melodiche, accordi solo apparentemente semplici, ed incantevoli perche’ sapientemente circondati dal silenzio (ascoltate “Verso Sera” al minuto 2.02, fino a fine brano), pause, accenti, viene mescolata e diventa bella e sensuale, e dura, e morbida, e calda, e volutamente fredda, e calma e allegra, e malinconica e disperata e violenta anche. Ma fresca e nuova, perche’ quello… e’ il Jazz! E il Jazz e’ anche aver ascoltato e amato musica divenuta propria e vissuta e ricreata da capo. Il Jazz si nutre della provenienza, degli ascolti, degli studi, del background di un artista. Se un pittore ha a disposizione i colori base dell’ iride, che sono finiti di numero ma danno luogo ad un’ infinita serie di sfumature, il Jazzista ha a disposizione un numero finito di note, e soltanto se e’ Jazzista creerà un’infinita combinazione di suoni e di suggestioni. E’ il saper creare, il saper mescolare che fa la differenza e quando si ascolta un disco come “The Enchanted Garden” si capisce che il Jazz non può esaurirsi, neanche nel caso, a seconda dei cicli “storici”, diventi “di moda” o “di nicchia”, due insopportabili lati della stessa medaglia, che immobilizzano e uccidono la sincerita’ della musica con la stessa efficacia: perche’ i “jazzisti” di moda o di nicchia si beano del loro status, che per vanita’ tendono a mantenere inalterato, piuttosto che della musica. Ma fino a che ci saranno in giro dei Jazzisti, senza virgolette, che nonostante mode e nicchie non hanno il fine di stupire, ma quello di suonare, esisterà il Jazz, e lo stupore che ne deriva ne sarà il naturale effetto e non il suo strategico fine.
Filippini (autore di quasi tutti i brani presenti nel cd), e i suoi compagni di viaggio Di Leonardo e Bulgarelli non si mantengono prudentemente nei canoni “mainstream” per ottenere un facile e largo consenso. E d’ altra parte dimostrano che fare musica Jazz, nuova, fresca eppure emotivamente vibrante non significa rumoreggiare distruggendo armonie e melodie, dando luogo a informi e brutti e fastidiosi suoni che ritengono che “nuovo” o “rivoluzionario” o “fuori dagli schemi” coincida con “inascoltabile”. Per destrutturare occorre aver prima saputo costruire, ci vuole sapienza per scardinare: prima di tutto bisogna conoscere i cardini. Spesso il termine “Jazz” e’ usato come copertura per “fare un po’ come ci pare e piace, e chi non capisce vuol dire che e’ out”… ma poi si ascoltano cd come “The Enchanted Garden” e la verità (e le distanze) vengono ristabilite in un batter d’ occhio.
Ed ora vi lascio, perche’ voglio esplorare ancora questo Giardino Incantato.
Daniela Floris
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