Translate on your language!

martedì 30 giugno 2015

Si legge JazzitFest, si pronuncia EXPO DEL JAZZ



Sono appena tornata da Collescipoli, dove ho passato tre giorni al Jazzit Fest, ho ascoltato musica di tutti tipi ed incontrato centinaia di persone.
Sono stati tre giorni intensissimi e veramente molto faticosi, ma anche molto allegri e fruttuosi. Perché fruttuosi? Eccoci arrivare al senso di questa manifestazione, organizzata da un Luciano Vanni visionario eppure anche praticamente fattivo.
Fruttuosi perché chi partecipa a Collescipoli, in qualsiasi veste (musicista, discografico, giornalista, critico musicale, ufficio stampa e mille altri ruoli ancora) non va a vedere concerti o a fare concerti . Partecipa in maniera attiva ad una vera propria Expo del Jazz.
Anche per quest' anno i palchi sono stati una parte importante, certo, vere e proprie vetrine di una kermesse fatta però di mille altre cose. E gli stessi concerti non si possono definire tali: mezz' ora sul palco, con un parterre vario di gente comune ma anche di specializzati del settore, colleghi musicisti, che magari durante l' anno si vedono arrivare link o cd che nemmeno aprono ed ascoltano. E se tra gli artisti qualcuno ha inteso quella esibizione come un concerto vero e proprio, classicamente inteso, si è sbagliato di grosso.

Ciò che accade al JazzitFest di Collescipoli è l' aggregarsi di una comunità: lo dice la parola stessa, è gente che ha qualcosa in comune. Il Jazz.
Io sono un critico musicale, e vi parlo del mio punto di vista. Ho girato come una trottola tra un palco e l' altro, fino a che ho potuto, senza sentirmi in colpa verso alcun musicista che non sono riuscita ad ascoltare: impossibile essere in quattro location contemporamente e ogni mezz' ora dalle 19 all' una di notte. La scelta ha tenuto conto alcune volte di una curiosità (legittima, credo) verso uno piuttosto che un altro artista (che magari già conoscevo), oppure della stanchezza che mi impediva di affrontare la settima salita in un' ora, oppure da un incontro fortuito che mi portava a spostarmi, oppure dall' ora in cui si presentava l' evento.
Ma non sono solo andata ad ascoltare la musica: ho anche guardato gli stand di alcune case discografiche, mi sono soffermata a parlare con gente che conoscevo solo virtualmente, il sabato ho partecipato da un minuto all' altro ad un progetto improvvisato  (nel Jazz è così! ) del quale si parlerà nei prossimi tempi (quando il patron Luciano Vanni lo realizzerà concretamente, e lo farà, questo è sicuro!) .
Ho avuto la possibilità di far conoscere anche il mio lavoro e di farmi un' idea non sul singolo musicista (anche se alcune cose mi sono piaciute altre meno, come è normale che sia) ma sul panorama complessivo di un settore che è asfittico solo e soltanto perché è asfittica l' economia italiana, ma in quanto ad idee è sempre in fermento. Ho visto nascere collaborazioni estemporanee tra musicisti italiani e stranieri che erano solo li per guardare e invece sono saliti sul palco sostituendo al volo un collega assente. Scambi di email, di dischi, di numeri di telefono, ipotesi future di collaborazioni.
Dunque il Jazzit Fest è un fenomeno culturale di cui chi fa parte di questa comunità, a qualsiasi titolo, non può non tenere conto. Magari anche prendendone le distanze, ma non prima di averlo conosciuto.
Mi occupo di musica: su quella sono abbastanza ferrata da poter dire che esserci è importante. Ed è per questo che penso anche che questa manifestazione si debba leggere JazzitFest ma pronunciare EXPO DEL JAZZ, con i suoi stand, con conferenze, incontri, alleanze e conoscenze, esattamente come ci sono importanti fiere tra operatori di settore specializzati. In più c'è un clima festoso e amichevole e pulsante.
Tanta gente ha partecipato all' organizzazione a titolo volontario. I musicisti sono stati ospitati e si sono fatti conoscere. Se c'è qualcosa di perfettibile, l' anno prossimo verrà certamente perfezionata, perché è tutto in continuo divenire.
L' anno prossimo chi non c'è stato ci faccia un salto, anche non da artista ma da "guest", per dare un' occhiata : magari l' idea potrà non piacere, magari non la troverà condivisibile, magari troverà che ci sia un modo migliore per renderla più fluida.  E in quel caso potrà argomentare il lecito e anzi auspicabile eventuale dissenso (qualsiasi cosa è opinabile, se la si è prima analizzata bene tastandola con mano). E credo che Luciano Vanni ci rifletterà di sicuro. Ma intanto il progetto di Jazzit non è più un progetto bensì una realtà di cui sembra difficile si possa fare a meno d' ora in avanti.    


Daniela Floris  

Nessun commento:

Posta un commento