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lunedì 18 marzo 2013

FACING NORTH, Claudio Filippini Trio. Il calore che viene dal Nord


Daniela Crevena corre a fotografare Claudio Filippini, Palle Danielsson e OlaviLouhivuori durante il loro mini tour a Brescia.  Daniela Floris li va ad ascoltare a Terni.  Ecco unite le nostre forze per descrivervi un concerto bellissimo: Facing North. D&D, parole e foto, sempre W il Jazz








Facing North è il nuovo progetto nato da un' intuizione di Ermanno Basso per l' etichetta CAM Jazz di Claudio Filippini e che vede insieme Filippini al pianoforte, Palle Danielsson al contrabbasso e Olavi Louhivuori alla batteria.
Questo Trio posso dire di averlo visto nascere: ero al Bauer Studio di Stoccarda quando è stato registrato, e ciò che mi lasciò l’anno scorso senza fiato fu l’incredibile, immediato feeling che si creò dal primissimo brano fra tre musicisti che erano confluiti in Germania incontrandosi per la prima volta.  Danielsson dalla Svezia, Louhivuori dalla Finlandia e Filippini da Roma, da Roma “verso Nord”, che poi è diventato il titolo del cd: un Nord geografico, un Nord artistico.  Un nord di certo tutt’altro che freddo.







L’emozione di veder nascere un disco dai primi istanti è stata indescrivibile: si ascoltano gli artisti suonare dal vivo, allo stesso tempo l’ambiente quasi asettico, qual è quello dello studio di registrazione, in cui i suoni vengono forse ancor prima di chi quei suoni li crea ti dà la sensazione di essere alla sorgente pura della musica.
Era importante per me ascoltare questo trio in concerto live, senza mediazione di cuffie, o sofisticati microfoni e sale insonorizzate: sarà replicabile quella atmosfera così naturalmente intensa?
A Terni ho avuto la conferma che ciò che è avvenuto a Stoccarda era pura verità.






Feeling incredibile, già dalle prime note: “Nothing to lose”, da “Hollywood Party”. Il tema accarezzato al pianoforte, la batteria che sembra procedere per accordi più che per battiti, il contrabbasso dal suono pieno e dalle linee melodiche ed armoniche suggestive sia nei momenti di insieme che negli assoli. Filippini gioca con il tema spezzandolo ma lasciandolo sempre intuire nella sua interezza, in modo che sia nell’aria lì, quasi cullandolo. Il gioco con Danielsson e Louhivuori è un mirabile bilanciamento in cui ognuno è protagonista ma senza mai perdere di vista la musica. Louhivuori percorre tutte le sue possibilità stilistiche: dallo sfarfallio al suono tribale.  














Danielsson è talmente istintivo e intenso che ci si rende conto della sua tecnica e della sua intonazione solo se ci si concentra appositamente su quelle: perché il suo è un percorso emozionante di note, sempre alla ricerca di agganci con piano e batteria, creando lui per primo ma anche accogliendo ogni piccola sottigliezza provenga da pianoforte e batteria.  Filippini ha fantasia e gusto, e questi sono guidati da una musicalità profonda.  Parte “Scorpion Tale.”  L’ ostinato del contrabbasso, il suono tribal della batteria, gli accordi del pianoforte si intrecciano fino ad arrivare a volume alto, in un crescendo pieno di dinamismo. Rimane però un dinamismo “sognante”, ricco di dissonanze dolci anche quando diventano più assertive: assertivo si, ma mai muscolare, Filippini, anche quando compone, naturalmente.




Ogni brano è un piccolo mondo a se. “Landscape”, ad esempio: un’intro del contrabbasso ad arco, la batteria – che dovrebbe essere la parte più “materiale” del trio - è quella che scompone l’atmosfera, la rende sottile e volatile, ed è di lì che poi parte un brano pieno di spunti, di feeling.
Brani originali, ma anche presi dal pop (Adele, Beach Boys) che diventano Jazz allo stato puro. A Filippini basta presentarne le melodie, scomporle con la mano destra, lasciarle un attimo da parte concentrandosi sull’impianto armonico giocando con gli accordi, e poi riprenderle perché tanto Danielsson e Louhivuori le cullano per lui.
Riesce persino a rievocare un' opera di Chagall, American Windows, dimostrando che nell’arte linguaggi diversi possono essere avvinti e tendere a un’efficacia espressiva del tutto simile.






Si chiude con Body and Soul… non che prima non ci fosse stato il vero Jazz. .. con un trio come questo, tutto può diventare Jazz.  




















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