Francesca, la CAM JAZZ è l’ etichetta italiana di Jazz più prestigiosa al
momento. Ma tu non sei partita dal Jazz
come imprenditrice: spiegaci il tuo
percorso .
Grazie per il complimento: non so se siamo la più prestigiosa: so, però,
che cerchiamo di fare cose che ci piacciono, che suonano bene, e che siano
belle anche esteticamente. Ci
consideriamo una boutique label:
curiamo il nostro prodotto in maniera artigianale (non a tutti garba questo modus
operandi), non abbiamo manie di grandezza, ne’ corriamo dietro a obbiettivi
irrealizzabili.
Il mio percorso? C’era una volta CAM s.r.l., AKA ‘CAM ORIGINAL SOUNDTRACKS’ (ceduta alla Sugar
Music nel 2011), dove ho iniziato a lavorare nel 1989. Inizialmente ero in studio
di registrazione, per capire come nasce una registrazione, partire dal primo
step, insomma, e poi pian piano salendo di livello. Sono stata privilegiata (l’azienda e’ di
famiglia) ma, per contrasto, e’ stata anche una delle esperienze di vita più
difficili, sia dal punto di vista professionale, sia per il rapporto turbolento
con il mio geniale mentore, mio padre.
Ad un certo punto nasce CAM JAZZ. Come è accaduto?
CAM JAZZ e’ nata per caso, ma in maniera naturale, agli inizi del 2000. Mio padre, che ancora era attivo in azienda,
ha sempre avuto il pallino di innovare, di far conoscere i temi da film
italiani ad un pubblico più ampio, diverso. Quel giorno era in ufficio il
contrabbassista Giovanni Tommaso: avevamo appena finito di registrare la colonna
musicale di un film, con musiche da lui composte. Giovanni stava finalizzando
gli ultimi dettagli della pratica della colonna musicale con l’allora
assistente della nostra responsabile di colonne sonore, Ermanno Basso (che ora
è il nostro produttore) . Fu allora che
mio padre, venendo a conoscenza che Giovanni era un jazzista, gli propose
l’idea di suonare in versione jazz alcuni dei temi più noti tratti dal nostro
catalogo. Giovanni accolse l’idea con entusiasmo, e fu cosi che nacque il primo
album di CAM JAZZ, “La dolce vita – Tommaso/Rava Quartet”. La prima edizione usci’ su etichetta CAM. Fu un successo, e ci diede la confidenza necessaria
per continuare il filone. Dopo poco
creammo il nuovo logo, inclusivo della parola ‘jazz’, al fine di realizzare una
linea di interpretazioni in stile jazz del vasto catalogo di colonne sonore a
nostra disposizione … poi gli orizzonti si ingrandirono e noi ci allargammo
(includendo anche jazz originale nei nuovi album).
Avete acquisito due prestigiose etichette, La Black Saint e la Soul Note.
Non è un’ operazione da poco, quando e come è accaduta?
Nel 2008 abbiamo avuto questa incredibile occasione. Per motivi personali la famiglia Bonandrini
aveva deciso di vendere il catalogo (inclusivo anche delll’etichetta Dischi
della Quercia), e noi eravamo pronti a fare il gran passo.
Come è organizzata la casa discografica? In quanti siete a lavorare?
La base e’ a Roma, in pieno centro.
Abbiamo un simpatico responsabile delle vendite, una efficiente responsabile
della produzione discografica, una concreta responsabile copyright &
royalty, una macchina da guerra responsabile del jazz tutto, un gentiluomo
produttore, un acuto ingegnere del suono, una rigorosa responsabile del
digitale, e poi una precisa contabile. E preziosi collaboratori esterni. Poi
c’e’ il mio grande fratello Agostino, con base a New York, lui e’ l’uomo dei
numeri e delle nuove tecnologie. Poi ci sono io, un po’ come il prezzemolo, o
il collante, se vuoi. E infine c’e’ Meri,
l’anima di tutto, mia sorella. Lei porta il sole in ufficio tutti i giorni, e
il suo sorriso.
Come scegli i tuoi collaboratori?
Prima si valutano le competenze, ovvio. Poi, io ho spesso scelto in base al
feeling, e al segno zodiacale.
Cosa ti fa decidere di produrre l’ uno o l’ altro artista, o gruppo?
La decisione di produrre avviene sempre in accordo con Ermanno Basso, il
nostro produttore. Il progetto ci deve
piacere e convincere, in primis dal punto di vista musicale, poi artistico.
Una volta decisa una produzione, cosa accade, quanti passaggi ci sono prima
di arrivare al giorno della registrazione?
I passaggi sono diversi. Se non e’ un progetto ‘pronto’ che ci viene
sottoposto, c’e’ la creazione e valutazione del concept a monte del progetto da realizzare. Poi, c’e’ l’ascolto dei
pezzi potenziali, i contratti, le liberatorie, l’organizzazione dello studio,
prenotazioni dei viaggi, la definizione della parte tecnica con il fonico,
tante sono le cose … Il tutto varia da progetto a progetto: per alcuni i
passaggi sono piu’ snelli per altri, invece, piu’ articolati.
In questo percorso quali sono le difficoltà maggiori?
A volte gli agenti degli artisti rendono le cose semplici complicate.
Dopo la registrazione quali sono le fasi che portano poi alla realizzazione
del disco?
C’e’ il mix e il mastering. Poi il
processo artistico - grafico - redazionale.
La stampa, la promozione, e la successiva distribuzione del prodotto
fisico. E poi c’e’ anche tutto l’aspetto
digitale: l’invio del materiale grafico e audio a tutti i canali digitali .
Una volta uscito un cd cosa è necessario fare per promuoverlo, e quanto è
importante che gli artisti in questione vadano a suonare dal vivo?
Quanto contano i media tradizionali e quanto il mondo del web per
promuovere i vostri progetti ma anche la vostra azienda?
La promozione tradizionale e’ importante, certo. Ma i concerti, i tour, le
rappresentazioni dal vivo sono il veicolo più importante e immediato per la
promozione di un nuovo prodotto. Poi, in
questi ultimi anni i social media sono elementi fondamentali: direi quasi
vitali. Per quegli artisti che non sono
ancora molto pratici, cerchiamo di insistere sull’importanza di avere almeno un
sito web, una pagina artista su facebook, e un account su twitter. Non e’ sempre facile, anche perche’
obbiettivamente ci vuole tempo per gestire tutti questi media.
Tu produci arte, ma la tua è anche un’ azienda di successo. Come si fa a conciliare l’ innegabile aspetto
“affaristico” che è fondamentale per portare avanti un’ azienda, con la musica, anzi con una musica
particolare come il Jazz? Quale è il punto di incontro tra due aspetti
apparentemente così distanti tra loro?
Ci vogliono compromessi , oppure ci vuole lungimiranza, o ancora magari una certa
dose di audacia?
Ci vuole tanta passione, audacia, e un occhio sempre molto attento ai
numeri. Siamo una boutique label, ripeto,
ci piace creare ogni progetto come se fosse un gioiello unico, che duri nel
tempo e che acquisisca valore col passare degli anni. Per molti progetti ci vuole tempo prima di
riuscire a rientrare dei costi: fondamentale e’ riuscire a mantenere un
equilibrio tra entrate e uscite, cosa non sempre facile. Grazie però a un mix di progetti di diverso
costo e diverso successo, riusciamo ad andare avanti.
Quanto contano in un lavoro come questo le public relations?
Se intendi nel senso di girare, essere presenti ai concerti, ai festival,
agli eventi mirati, ti dico si, e’ importante.
CAM JAZZ è attiva anche all’ estero e negli USA. Che differenze trovi quando devi agire sui
tuoi artisti tra Italia ed Estero? E tra Europa ed America?
Se l’artista o il progetto che stai presentando è locale (cioè di quel paese),
ne e’ facilitata la vendita, la promozione, e tutto ciò che vi è correlato.
Viceversa, è complesso penetrare il mercato e convincere. Lo sforzo e’ grande, e spesso, purtroppo, si
fa un buco nell’acqua. Quindi, e’ molto
importante riuscire a lavorare con artisti che sono conosciuti nel loro mercato. Questo ci aiuta a stabilire dei buoni
rapporti con i distributori locali i quali, poi, ci aiutano a introdurre altri
nostri artisti meno conosciuti in quel territorio.
Quanto è conosciuta all’ estero la CAM JAZZ? Avete rapporti con altre case
discografiche?
Credo di poter dire che negli ambienti che girano intorno al jazz siamo
abbastanza conosciuti, sia in Italia che all’estero. Ma e’ una continua
scommessa, un continuo sforzo, per
mantenere visibilità e credibilità a tutti i livelli.
Quali sono i parametri che ti fanno dire “questo cd è andato benissimo”?
Ovvero, nel settore del Jazz quali sono i numeri che decretano che un progetto
ha avuto successo? Parlo di vendite, ma anche di feedback in generale.
Quanti rischi si corrono ogni volta che si produce un artista o un gruppo?
Dipende dal progetto. Per esempio,
un cd della serie ‘cam jazz presents’
(la nostra serie dedicata ai giovani) per noi e’ andato benissimo se ha coperto
i costi, il che in termini di copie vendute varia tra le mille e le
duemila. Per un cd di artisti più conosciuti,
per noi il progetto e’ andato bene se ha venduto tremila copie; oltre quel
numero, e’ andato benissimo! Ma il mio
punto di vista e’ sopratutto artistico.
Se fai la stessa domanda al nostro uomo dei numeri ti risponde ben
altro… direi che l’ 80% delle volte che
si produce un cd, e’ un rischio.
Adesso tu vivi a Los Angeles. E’ difficile gestire il lavoro da un
altro continente oppure è un valore aggiunto?
Il team Cam Jazz, sparso tra Roma e dintorni e New York, e’ formidabile. La lontananza inizialmente credo abbia intimorito tutti, ma presto e’ diventato un valore aggiunto. Tutti i collaboratori sono sbocciati come fiori in primavera. Comunichiamo giornalmente tramite le nuove tecnologie. Sono convinta che oggi non sia più necessario avere una base fisica.
Come influisce la crisi economica in un lavoro che è incentrato sull’ arte?
Influisce su tutta la catena, anche se noi cerchiamo di non far pesare questo sulla produzione artistica dell’album. Ma, incide sia sulla parte creativa che sulla parte commerciale ed economica.
In che rapporti rimani con gli artisti con i quali decidi di lavorare?
Ottimi, a parte poche eccezioni. Mica si può piacere a tutti.
Il successo dipende più dall’ istinto, dal fiuto, o da una preparazione
ferrea?
Il successo può dipendere anche da tutte e tre queste
cose. Ma spesso, secondo me, essere al
posto giusto nel momento giusto aiuta: trovarsi “per caso” su quella cresta
d’onda, poi cavalcarla il più possibile è fondamentale. Ci sono tanti esempi che potrei fare di
artisti che si meriterebbero di essere alle vette, ma per misteriosi motivi,
nonostante il duro lavoro di tutti, non vi arrivano.
In generale tendi a delegare parte del tuo lavoro o preferisci avere tutto
sotto il tuo diretto controllo?
Ho imparato a delegare. E’ bello, soprattutto perchè scopri aspetti e pregi dei tuoi collaboratori di cui eri inconsapevole.
Ora le domande che rivolgo a tutte le intervistate.
Trovi che nel mondo del Jazz le donne siano favorite?
Se sei brava, sei favorita.
Qual è la cosa più difficile del tuo lavoro?
Dover licenziare qualcuno.
La più semplice?
Andare a lavorare ogni giorno.
La più spiacevole?
Vedere chiudere tanti negozi di dischi. E sollecitare i distributori che non ci pagano.
La più piacevole?
Quando vado in studio di registrazione, e il vivere la creazione di un pezzo.
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