Atina Jazz Winter
Palazzo Ducale, 19 marzo 2014, ore 21
Elina Duni Quartet
Elina Duni voce
Colin Vallon pianoforte
Bjorn Meyer contrabbasso
Norbert Pfammatter batteria
Palazzo Ducale, 19 marzo 2014, ore 21
Elina Duni Quartet
Elina Duni voce
Colin Vallon pianoforte
Bjorn Meyer contrabbasso
Norbert Pfammatter batteria
Articolo di Daniela Floris
Foto di Elina Duni di repertorio scattate a Bergamo in ottobre, da Daniela Crevena
Le due foto scattate ad Atina Jazz sono scattate con Iphone da Daniela Floris
Foto di Elina Duni di repertorio scattate a Bergamo in ottobre, da Daniela Crevena
Le due foto scattate ad Atina Jazz sono scattate con Iphone da Daniela Floris
Elina Duni è albanese, e
come quasi tutti gli albanesi parla perfettamente l’ italiano, con quella
leggera inflessione gentile che ad ascoltarla quasi diventa una carezza.
E anche il canto di Elina Duni è una carezza, ma tutt’ altro che evanescente: è una voce intensa, struggente, che rilegge canti tradizionali della propria terra in maniera raffinata eppure viscerale.
Non si parli di contaminazioni: il Jazz del trio svizzero che l’ accompagna non si “contamina” di un sistema scalare culturalmente lontano, ne vive, piuttosto. Così come Elina vive del Jazz così europeo dei suoi tre musicisti. Si permeano a vicenda, intessono musica, semplicemente musica, che è Jazz perché Elina respira insieme al trio, perché c’è l’ interplay che è proprio del Jazz. Ma che è anche profondamente musica tradizionale, perché il pianoforte di Colin Vallon spesso circoscrive arpeggi, temi, ostinati, nell’ ambito ristretto di intervalli piccoli, perché privilegia micro varianti a improvvisazioni jazzistiche in senso lato. E’ Jazz perché Elina improvvisa uscendo dagli stilemi della sua musica volando con la voce tra scat, acuti perfetti, ma è musica albanese per gli intervalli di seconda aumentata che si accendono nelle vibrazioni della voce nel finale delle frasi: e ancora, è Jazz negli accenti volti a enfatizzare tempi dispari, che sono usuali nella musica tradizionale albanese.
E anche il canto di Elina Duni è una carezza, ma tutt’ altro che evanescente: è una voce intensa, struggente, che rilegge canti tradizionali della propria terra in maniera raffinata eppure viscerale.
Non si parli di contaminazioni: il Jazz del trio svizzero che l’ accompagna non si “contamina” di un sistema scalare culturalmente lontano, ne vive, piuttosto. Così come Elina vive del Jazz così europeo dei suoi tre musicisti. Si permeano a vicenda, intessono musica, semplicemente musica, che è Jazz perché Elina respira insieme al trio, perché c’è l’ interplay che è proprio del Jazz. Ma che è anche profondamente musica tradizionale, perché il pianoforte di Colin Vallon spesso circoscrive arpeggi, temi, ostinati, nell’ ambito ristretto di intervalli piccoli, perché privilegia micro varianti a improvvisazioni jazzistiche in senso lato. E’ Jazz perché Elina improvvisa uscendo dagli stilemi della sua musica volando con la voce tra scat, acuti perfetti, ma è musica albanese per gli intervalli di seconda aumentata che si accendono nelle vibrazioni della voce nel finale delle frasi: e ancora, è Jazz negli accenti volti a enfatizzare tempi dispari, che sono usuali nella musica tradizionale albanese.
E’ Jazz nei soli della batteria di Norbert Pfammatter e del
contrabbasso di Bjorn Meyer, è
musica albanese nei momenti quasi rituali della ripetizione ad libitum di
piccole cellule melodiche.
L’ atmosfera è spesso
nostalgica, introspettiva, ma anche descrittiva di luoghi e soprattutto di
stati d’ animo, definiti dal forte legame con la propria terra d’ origine:
il repertorio è quasi tutto tradizionale, musica d’ autore, canti di
partigiani, o canzoni di donne in attesa di un amore che è andato lontano. Un
clima particolare e del quale vi
renderete conto solo ascoltando il suo cd appena uscito, edito da ECM, Matanë Malit o sentendo questa artista cantare dal vivo, e reso sia
dalla sua voce che dai suoi musicisti.
Intro di contrabbasso che affrescano
echi quasi descrittivi, naturali, effetti elettronici del pianoforte
avveniristici ma che rendono quasi inspiegabilmente un clima in certi momenti
addirittura ancestrale, e che ha di futuribile solo il fatto che in fondo, in
ogni paese, e sovente in ogni epoca, gli uomini provano, percepiscono stati d’ animo comuni.
Continuazione più che contaminazione, nel senso di un flusso emotivo e musicale costante che unisce questo quartetto, in cui certo la voce di Elina è filo conduttore, ma del quale si percepisce un singolare equilibrio sonoro.
Continuazione più che contaminazione, nel senso di un flusso emotivo e musicale costante che unisce questo quartetto, in cui certo la voce di Elina è filo conduttore, ma del quale si percepisce un singolare equilibrio sonoro.
In alcuni momenti ipnotica,
magnetica, in alcuni momenti inebriante,
sempre affascinante, questa minuta cantante ha tenuto il pubblico di Atina Jazz
avviluppato quasi in un’ altra dimensione fino al termine del bis: una toccante, commovente interpretazione di “Amara Terra mia”.
D&D garantiscono: andate ad ascoltare Elina, appena ne avrete l' occasione. E' una bellissima forma di Jazz.
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