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mercoledì 12 giugno 2013

AVISHAI COHEN al Blue Note di Milano, il 28 aprile: le foto di Daniela Crevena

Ascoltate con gli occhi una grande serata di Jazz, trascorsa da Daniela Crevena al Blue Note di Milano il 28 aprile. W il Jazz, da ascoltare e anche da immaginare, guardandolo con noi
D&D

Avishai Cohen tromba
Omer Avital contrabbasso
Iago Fernandez Camaño batteria


















mercoledì 5 giugno 2013

NOTE D' AUTORE, Piossasco, serata finale: sotto le stelle dopo il temporale

Un temporale di quelli estivi, violenti, senza che ancora sia arrivata l’ estate ci coglie tutti un po’ di sorpresa… sono le sette di sera, i ragazzi del service stanno allestendo il palco, si sistemano le sedie, e la serata sembra compromessa. Ma nessuno ci crede veramente, freneticamente ci si mette al riparo ma c’è una specie di fatalistica serenità: smetterà, smetterà in tempo prima del doppio concerto previsto per le 21.30.  Anche gli artisti (Joe Barbieri, Danilo Rea) tranquilli vanno a cena perché tanto si suonerà. E infatti è proprio così che va. Un’ organizzazione pressochè perfetta, al momento dell’ inizio del concerto la gente affluisce numerosissima, come se nulla fosse, le sedie sono asciutte, il palco è perfettamente a posto e la musica comincia: sotto le stelle, come le sere precedenti.



Il primo set è tutto di Joe Barbieri e della sua voce vellutata accompagnata dal pianoforte di Antonio Fresa e dal contrabbasso di Giacomo Pedicini . Il secondo set è di Gino Paoli e Danilo Rea con le loro repertorio variegato ed intenso di canzoni d’ autore italiane (ma anche francesi) .
Una serata quasi jazzistica, ove quel “quasi” è una nuvola delicata, sfumata, piacevole nella melodia, nella poesia dei testi, nell’ atmosfera elegante di una musica che non scimmiotta il Jazz, piuttosto ne usa le tinte per una specie di affinità emotiva che ne esalta .
In modo diverso, naturalmente, per due interpreti diversi tra loro ma uniti da una classe interpretativa indiscutibile. 




Joe Barbieri canta il sentire più intimo di sentimenti non di maniera, e lo canta con parole semplici eppure non scontate e con arrangiamenti adeguati ad un clima interiorizzato ma mai cupo.  Sono belli i suoi dialoghi con il pianoforte di Antonio Fresa, è bello il contrabbasso di Giacomo Pedicini che davvero creano un clima di certo raffinato, ma anche denso di emozioni. Barbieri, Fresa e Pedicini riescono a rendere poesia il sentire di ognuno, parlando certo di un quotidiano forse minimale ma che ascoltandolo diventa denso di significato e soprattutto poetico.  Un po’ di canzone napoletana, accenni di bossanova, clima jazzistico sapientemente modulati evocano ricordi, amori, tenerezze e angosce facendo sorridere, o piangere, o rendendo vive piccole nostalgie sopite. E’ dunque naturale che si instauri una forte vibrazione tra il palco e la platea, che si accende ulteriormente con l’ ingresso di Fabrizio Bosso: “La voglia, la pazzia” è gioiosa e stilisticamente perfetta e chiude in bellezza un concerto emozionante.



La vibrazione tra palco e platea non si fa attendere neanche durante il secondo set, perché il duo Paoli – Rea riesce a proporre un repertorio di canzoni che fanno parte oramai non solo del nostro immaginario, ma del nostro vissuto, presentandole allo stesso tempo con una modalità così poco ascoltata, così nuova, così intensa che non si assiste di certo ad un malinconico “revival”, vetrificato o sterilmente nostalgico.  Si ri – vive, non nel senso del ripetere o ri – proporre. Tanto più che la scaletta è variegata e “onnicomprensiva” di canzoni scelte tra ambiti diversi. E allora si comincia con “Una furtiva lagrima” di Donizetti, struggente, malinconica, in cui le due spiccate personalità di Paoli e Rea non fanno che evidenziarsi a vicenda, uno con la sua voce inconfondibile che calca il tono drammatico del brano, l’ altro con il suo solo squisitamente Jazzistico, che miracolosamente si intrecciano in un mix di intenso equilibrio.  E poi si passa a ricordare grandi cantautori, amici per Paoli, con Lauzi e De Andrè, rievocati in una medley pianistica da Rea: con “Ritornerai”, sospesa e nostalgica, e una strepitosa “Bocca di Rosa” che diventa cadenzata, una tarantella quasi drammatica negli accordi fortissimi e ritmati.  E Tenco, con “Vedrai”, che Paoli quasi recita con voce ruvida e intensa.  “O’ sole mio” è resa con singolare contrasto tra la strofa, dolce e intima, e il ritornello, gridato con convinzione e sottolineato in maniera quasi barocca dal pianoforte di Rea. “Reginella” è addirittura commovente.  







Nulla di già ascoltato, neanche quando attacca “Sapore di Sale”. Neanche con “La Gatta”, che Paoli canta così come si canta “La Gatta” ma che Rea accompagna con accordi dissonanti.  E neanche quando, parte “Senza Fine”, si può dire che quella canzone sia la solita, trita “Senza Fine” di Gino Paoli
Un bis emozionante complice la tromba di Fabrizio Bosso con "Io che ho amato solo te" di Sergio Endrigo: “Note d’ autore” non poteva chiudersi in modo bello e più suggestivo : sotto le stelle, al Castello dei Nove Merli, con tre fuoriclasse della musica, non importa neanche più capire se musica Jazz, d’ autore, leggera, italiana… e accompagnati (veramente!) persino da intonatissimi e romantici grilli. 







domenica 2 giugno 2013

NOTE D' AUTORE, Piossasco. Seconda serata, sotto le stelle

La seconda serata qui a Piossasco gode di una temperatura mite e di una serata limpida.  Il primo set di Note d’ Autore è affidato al trio di Emanuele Cisi ai sax, Furio di Castri al contrabbasso, Manu Roche alla batteria: affiatati,  energici ma anche garbati, un garbo che si traduce in quel Jazz del particolare, della cura delle dinamiche, delle sottigliezze, il che non toglie spazio alla forza propulsiva dello swing, alle intensità vellutata dei brani più lenti, alla freschezza improvvisativa dei soli.
Perché in un Trio “pianoless” tutte queste caratteristiche siano bene evidenti bisogna essere bravi, e Cisi, Di Castri e Roche indiscutibilmente lo sono.




Si parte con “Welcome”, di John Coltrane, per salutare Mulgrew Miller, grande pianista scomparso inaspettatamente la scorsa settimana. Un inizio dolce, intenso. Come si ottiene una atmosfera così struggente? Non c’è bisogno di “retorici” artifizi. Furio Di Castri tiene ferma una nota “bordone”, Manu Roche con la batteria destruttura con battiti leggeri invece di regolamentare il flusso ritmico, creando un clima sospeso, ed Emanuele Cisi placidamente canta il tema, senza fronzoli e giocando piuttosto sul timbro del suo sax tenore. Un gioco di ruoli che continua per tutto il concerto. 





Tensione positiva che non arriva mai a deflagrazioni di volume che sarebbero  controproducenti proprio perché non c’è il pianoforte: il contrabbasso è essenziale per fornire i riferimenti armonici, non lo si può fagocitare con suoni e battiti esagerati. Il risultato piacevole, bello, fatto di dialoghi efficaci tra sax e contrabbasso, di una grande coesione tra contrabbasso e batteria, che inventano di continuo groove accattivanti. E’ il Jazz che è un piacere ascoltare.





Cambio totale di registro per il secondo set: Rita Marcotulli, Javier Girotto e Luciano Biondini portano qui a Piossasco un Jazz più mediterraneo ma anche sudamericano, una corrente sonora molto melodica, fatta anche di tempi dispari, un Jazz particolarmente ricco di reminiscenze stiistiche che riconducono alla musica tradizionale che però non viene mai sterilmente citata, ma reinterpretata e rigenerata da un Trio che gode di una fervida fantasia improvvisativa (oltre che di una bella vena compositiva).


Il pianoforte, i sax e la fisarmonica affrescano una musica particolarmente evocativa, trascinante, intrecciandosi in scambi densi di pathos: tra il pianoforte della Marcotulli, torrenziale e cristallino e la fisarmonica di Biondini (che creano soluzioni armoniche anche a botta e risposta creando contrasti timbrici spesso inaspettati); tra i sax di Girotto che cullano melodie e riff ritmici sulla sicura base armonica definita da pianoforte e fisarmonica .




Un viaggio per terre a noi anche lontane ma mai percepite come estranee, per la semplicità (solo apparente) di una musica che riesce a colpire la parte più intensamente emotiva di chi la ascolta.  Se a questo aggiungete il cielo stellato qui a Piossasco, capirete quanto è stata suggestiva la nottata in mezzo a queste note.